La Carbon Footprint – anche conosciuta come impronta di carbonio – rappresenta quantità esatta delle emissioni di gas serra di un prodotto o di un’organizzazione generate lungo il ciclo di vita di un prodotto o servizio.
Il Protocollo di Kyoto è stato il primo accordo internazionale finalizzato alla riduzione dei GHG – Greenhouse Gases – per contrastare il cambiamento climatico. Si tratta di gas che, in base al Global Warming Potential (potenziale di riscaldamento globale), contribuiscono al riscaldamento climatico globale. La diminuzione delle emissioni di carbonio determina un miglioramento dell’efficienza energetica, delle risorse e di conseguenza anche un risparmio economico.
In conformità al Protocollo di Kyoto, i gas ad effetto serra da includere sono: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido d’azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFCs), esafluoruro di zolfo (SF6) e perfluorocarburi (PFCs). La tCO2e (tonnellate di CO2 equivalente) permette di esprimere l’effetto serra prodotto da questi gas in riferimento all’effetto serra prodotto dalla CO2, considerato pari a 1 (ad esempio il metano ha un potenziale serra 25 volte superiore rispetto alla CO2, e per questo una tonnellata di metano viene contabilizzata come 25 tonnellate di CO2 equivalente).
La Carbon Footprint di un’Organizzazione si calcola realizzando un “inventario delle emissioni di gas serra”, con riferimento annuale, per capire quanto e in quali attività o settori vi è traccia di carbonio, così da poterla ridurre o eliminare.
Espressa nell’unità di misura CO2eq, la Carbon Footprint di Prodotto (CFP) considera le emissioni complessive di tutte le fasi della vita del prodotto o servizio “dalla culla alla tomba”, rapportate al Global Warming Potential della CO2: la contabilità parte dalle fasi di approvvigionamento e trattamento delle sue materie prime costitutive, alla loro lavorazione e produzione del prodotto, ai trasporti fino al cliente, al suo utilizzo, allo smaltimento del prodotto a fine vita.